Possiamo additare il COVID come accelleratore di alcuni dei cambiamenti negativi nella nostra economia? Io non sono convinto che il COVID abbia determinato questi cambiamenti, ma è stato un’accelleratore straordinario di cambiamenti che erano già cominciati, anche lo scontro generazionale vecchi giovani non è che l’abbia inventato il COVID. Già si era capito che noi abbiamo delle strutture, delle società, soprattutto industrializzate, in cui c’è un aumento molto grande della popolazione anziana. Questo vuol dire che c’è un sistema di welfare tutto orientato verso le categorie protette, e i giovani non hanno niente, i giovani sono condannati alla precarietà. Tutto questo esisteva già prima. Il COVID ha accellerato queste dinamiche. Noi dobbiamo cogliere l’occasione di questa pandemia per riprogettare molte cose, per esempio la struttura delle nostre città. Rendendole più accoglienti, facendo in modo che si recuperi anche la dimensione comunitaria. Poi in realtà le città sono già così. Nelle grandi metropoli, tu non vivi la metropoli. Vivi sostanzialmente il quartiere in cui abiti. Questo vale per Milano, vale per Roma, vale per Napoli. Solo che nel quartiere ci deve poter essere di tutto. Il quartiere è come un paese nella città, dove bisogna poter creare un tessuto di relazioni sociali, attività culturali, attività commerciali… che renda la vita meno alienante di quanto spesso sia. Siccome abbiamo capito che questa dimensione è fondamentale, il COVID ci ha fatto riscoprire l’importanza degli affetti primari, delle relazioni sociali, e avendo però noi sviluppato le città che spesso sono dei grandi dormitori, privi di servizi, privi di verde, privi di attività culturali e commerciali, approfittiamone per riprogettare le città. In termini di marketing politico che verrà, quale domande c’è sul mercato che non viene soddisfatta, ma che potrebbe trovare ora un nuovo leader? L’impressione è che gli italiano vogliano una cosa al tempo stesso semplice, ma difficilissima. Hanno capito che molte cose dovranno cambiare dopo questa pandemia e quindi sarà necessario uno sforzo progettuale serio, autentico, profondo. Bisogna dimostrare di avere cose che in passato gli italiani hanno dimostrato di avere: una grande inventiva, una grande capacità progettuale. Naturalmente deve essere guidata, non può essere affidata alla spontaneità. Questo è un paese che va ricostruito nella sua articolazione infrastrutturale, che deve fare delle scelte strategiche. Quando si parla, per esempio, di come impiegare i soldi dell’Unione Europea, non puoi pensare di fare delle strade e dei ponti. In un mondo che cambia, devi probabilmente decidere di investire sull’economia green, sulle strutture digitali. Tutto questo naturalmente implica delle scelte. Parliamo spesso di questa pandemia come se fosse una guerra, ma dopo la guerra c’è il dopoguerra dove si pratica la ricostruzione. La ricostruzione ha bisogno di visionari, non di illusionisti.
Cosa ci insegna questa storia…
- I fenomeni socio-politici di oggi non devono essere letti secondo i canoni del passato.
- I grandi cambiamenti spesso portano a galla tutti i problemi irrisolti di un paese.
- Dobbiamo impegnarci a riprogettare molte cose del nostro paese.
- I borghi interni hanno un valore immenso da concretizzare.
- Gli ultimi 20 anni hanno determinato un progressivo scollamento tra istituzioni e cittadini.
- L’idea di un leader solo al comando non funziona. La democrazia ha bisogno di comunità e collaborazione.
- Le competenze non si improvvisano. Dobbiamo essere sempre preparati!